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d oro, un pezzo della laguna e il ponte sopra a cui passa-
va la gente, la giornata era limpida e intese su da una
corte salire il pianto di un bambino. Natale gli spiegò
che là vi erano carcerate anche le donne con i loro bam-
bini da latte. Più tardi venne uno scopino a portare le
pagnotte e ridendo disse:
«Peccato non sia minorenne anch io: starei volentieri
in vostra compagnia. Quale è quello che è arrivato ieri?
Mi ànno dato una cartolina per lui se vuole scrivere a ca-
sa per farsi mandare i soldi».
Guido gliela prese di mano e lo scopino soggiunse
che se voleva gli avrebbe procurato sigarette.
Guido pregò Natale di scrivere per lui, perché egli sa-
peva appena e cominciò a dettargli. Più tardi venne una
guardia per condurli all aperto. Uscirono tutti nel corri-
doio con obbligo del silenzio, erano state aperte anche
le altre stanze, anche gli altri minorenni erano usciti, si
raggrupparono nel corridoio, dove erano le stanze dei
maggiorenni, scesero per diverse scale, vennero aperte
altre cancellate, poi una porta di ferro a pianterreno e si
trovarono in un cortile chiuso da alte mura, mezzo illu-
minato dal sole. Da una parte vi era un casamento con
tutte le finestre murate a metà e coperte da grate di le-
gno. Tutti andarono al sole.
Guido conobbe i minorenni delle altre stanze: ognu-
no volle sapere di dove era, cosa aveva fatto e a quanto
era stato condannato. Poi gli chiesero se aveva tabacco e
appena rispondeva di no, si allontanavano da lui come
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Giovanni Comisso - Gente di mare
non offrisse più alcun interesse. Si formarono vari grup-
pi: chi prese a giocare a saltaschiena, chi a rincorrersi, al-
tri si sedettero al sole per chiacchierare altri si fecero at-
torno alla guardia che fumava, aspettando buttasse la
cicca. Le voci si facevano vive e riecheggiate tra le mura.
Domenico aveva preso a parlare della baruffa della mat-
tina con Ferruccio e temeva che per vendicarsi facesse
rapporto al superiore.
«Mi dispiacerebbe per il signor Cleanto», soggiunse.
«Io andrò in cella», disse Guido. «Ma se quello parla,
arriverò sempre in tempo a rompergli il muso».
Da vicino intese un compagno parlare verso le fine-
stre chiuse: «Maggiorenne, butta una cicca», diceva
quasi sottovoce.
Nello stesso istante attraverso la grata di un altra fine-
stra era caduta una scatola di fiammiferi. Guido si preci-
pitò a prenderla, altri l avevano vista cadere ed erano ac-
corsi. La teneva in pugno, volevano prendergliela, ma li
respinse a forza di colpi di gomito e di sgambetti, nella
confusione la scatola era passata a Domenico e da questi
a Natale. Sopraggiunta la guardia, voleva la scatola, nes-
suno gli rispose e tutti ritornarono ai loro giochi. Poi
Guido e i suoi amici la apersero: conteneva due sigarette
e cerini.
Vennero ricondotti nella stanza e poco dopo ebbero
da mangiare. Cercavano di prolungare il più possibile il
pasto, insistevano per cercare nel fondo della gavetta il
riso e i fagioli. Della pagnotta ne fecero tanti piccoli pez-
zi che poi ripescavano uno alla volta con il cucchiaio di
legno che a Guido dava tanto fastidio alle labbra. Dopo
si misero a fumare una sigaretta per uno mentre gli altri,
cicche accartocciate con la carta per la latrina. Fumaro-
no fino all ultimo residuo scottandosi le dita. Poi d im-
provviso intesero battere sul muro: Natale si arrampicò
alla finestra e una voce dalla finestra dell altra stanza si
fece sentire:
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«Canto».
«Di che cosa?» domandò Natale.
«La guardia stanotte ti à portato toacca».
«Non è vero», ribatté Natale.
«È vero, dammi uno stizzo o canto», disse ancora la
stessa voce.
«Canta pure» e ridiscese.
Guido volle sapere chi era quello che aveva parlato e
assicurò che se avesse fatto la spia lo avrebbe bastonato
appena si sarebbero incontrati all aperto. Gli altri stava-
no distesi, come presi dal sonno e fingevano di non ave-
re inteso la conversazione. Natale accennò che Ferruc-
cio, per paura di lui, avesse parlato con quelli dell altra
stanza perché ne facessero rapporto. Allora Guido si
levò subito dalla branda e andò davanti a quella dove
Ferruccio si teneva disteso:
«Tu ài parlato con quelli del 19».
«Di che cosa?»
Come risposta gli diede un pugno alla faccia che lo fe-
ce piangere.
Più tardi venne il prete della prigione. Tutti gli si fe-
cero attorno come bambini con voci ossequiose e rad-
dolcite sicuri di ottenere qualche piccolo dono. Egli di-
stribuì a ognuno un pezzo di sapone, il giornale delle
Missioni e chiese chi voleva fare il giorno dopo la Co-
munione.
Domenico si fece subito mettere in nota e si ebbe una
carezza, Guido era indeciso, dal tono invitevole del pre-
te e dal pronto accettare di Domenico supponeva si po-
tesse avere qualche vantaggio e interrogò con lo sguardo
il compagno, ma questi fece capire non valeva per lui di
andarvi. Oramai solo a guardarsi, con appena leggere
mosse delle palpebre o delle sopracciglia riuscivano a
comunicarsi i loro pensieri. Quando il prete se ne andò,
Domenico disse che egli sarebbe andato a prendere la
Comunione, solo perché nell andare all altare avrebbe
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potuto incontrarsi con un cugino maggiorenne anch egli
carcerato che gli avrebbe passato sigarette e qualche bi-
gliettino. Giocarono alle carte fino all imbrunire.
***
La mattina dopo Guido si svegliò solo alle sette,
quando entrò la guardia per la conta. Lo scopino che
portava via la secchia gli disse:
«Su sveglia che oggi è domenica».
Si animò subito, si alzò, ordinò a Domenico di fare la
pulizia della stanza e andò al rubinetto dell acqua per la-
varsi, indugiando con piacere a insaponarsi il collo e il
petto. Pregò Natale di versargli con la boccaletta l acqua
sulla schiena, sentiva l acqua scorrere sulla pelle: l aria
della mattina estiva arrivava tepida e ventilata. Pensava
ad Assalonne e ai suoi compagni liberi già a quell ora, a
nuotare nella laguna. Poi prese il pettine che sua madre
gli aveva portato quando era in carcere al suo paese e
guardandosi sui vetri delle finestre prese a ravviarsi con
cura i capelli. Pensava che la domenica sarebbe stata in
qualche modo diversa dal giorno precedente. Difatti alle
otto vennero ad aprire per portarli alla messa. Furono
raccolti tutti in un corridoio e attraverso altri corridoi
dove si vedevano stanze aperte e vuote, giunsero a due
lunghi ballatoi, uno di fronte all altro e sotto vi erano al-
tri, tutti con lo sguardo rivolto in avanti verso un altare
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